'pakijiNG. La fonetica, ovvero la scienza che spiega esattamente come pronunciare le parole, viene in soccorso: non si dice pecaging, non si dice pakàging. Una precisazione doverosa visto che si tratta di una delle parole più in voga del momento, forte del fatto che i nuovi usi e consumi hanno portato sempre di più le merci a viaggiare. Direttamente dal “negozio” alle mani del consumatore. Si sono ridotti al minimo i passaggi intermedi, quindi il primo impatto è spesso quello di un pacco che arriva direttamente dopo il “driiin” del campanello di casa: «Corriere!». Ecco perché l’esperienza è cambiata ed è diventato ancor più importante curare il prodotto a partire dal confezionamento. Se una volta il packaging primario (la confezione di prodotto vera e propria, quella a più stretto contatto con il prodotto) era il solo elemento nobile degno di grande attenzione, ora diventano strategici e cruciali anche gli altri due livelli dell’imballaggio:

  • il packaging secondario, ovvero quello che consente di proteggere le singole unità di vendita per il trasporto o la spedizione. Banalmente può essere la scatola di cartone che protegge la busta in politene (packaging primario) utile a contenere una lampada;
  • il packaging terziario, quello più pratico, che serve per trasportare grandi volumi di merce verso gli store o i rivenditori. Un esempio? Il bancale che contiene le scatole (secondario) nelle quali sono contenute le buste in politene (primario) per una lampada.

Breve storia del packaging: gli albori Il confezionamento è sempre stato prima di tutto una necessità. Difficile che una merce possa essere venduta così com’è: dal sacchetto di carta per le mele al banco ortofrutta fino ai più complessi componenti di meccatronica che hanno bisogno di protezione e sicurezza estrema. Contenitore e contenuto vivono in simbiosi. Ed è per questo che il packaging nel tempo ha assunto così tanta importanza: è indispensabile, meglio studiarne quindi uno che catturi l’attenzione, impressioni il cliente, generi un ricordo positivo ed efficace che crei fidelizzazione. Senza scomodare Lucy e gli australopitechi (che qualche forma di packaging comunque la utilizzavano di sicuro), i primi rudimenti di confezionamento di tipo avanzato risalgono già al 1400 con l’invenzione della stampa a caratteri mobili, che di fatto consente in modo facile e veloce di imprimere il proprio marchio sulle confezioni.

Dal 1800 si cambia marcia: nuove materie per un nuovo modo di fare packaging È proprio in questo periodo che si comincia a comprendere l’importanza del contenitore, anche perché è la tecnologia a fare passi da gigante. In questo periodo infatti:

  • l'Inglese Alexander Parkes brevetta il primo materiale plastico semisintetico;
  • nasce la prima scatola di cartone commerciale (non ondulato) e in seguito viene brevettato il primo materiale ondulato;
  • vede la luce la prima macchina per la produzione industriale del vetro.

Un passaggio epocale che trasforma di fatto la concezione di tutto il settore. Si parte dall’essenziale e quindi dal trasporto e la protezione del prodotto, per arrivare nel 1900 a un’evoluzione più profonda, che culmina nel Ventesimo secolo in una vera e propria scienza che studia gli imballaggi e il confezionamento. E intanto le linee di produzione nel mondo degli imballaggi si evolvono, sfornando prodotti nuovi e altamente performanti: bottiglie in vetro ergonomiche e attraenti, ma arrivano anche nuove materie plastiche come il polistirolo, il pvc, dagli anni Cinquanta il pluriball e dagli anni Settanta il film estensibile.

Oggi il packaging fa rima soprattutto con sostenibilità La pericolosa deriva che sta travolgendo il pianeta Terra a livello climatico e ambientale ha portato tutto il mondo dell’imballaggio e del packaging (primario, secondario e terziario) ad effettuare una profonda riflessione. Sono sempre di più i prodotti che puntano a una maggiore sostenibilità e responsabilità. Lo sviluppo e la ricerca hanno portato all’impiego e all’utilizzo di nuovi prodotti. Ecco allora che una confezione oltre ad essere bella ed efficace, deve essere anche amica dell’ambiente. E le strade in questo senso sono ormai parecchie: dall’impiego di prodotti riciclabili o riciclati (discorso valido per la carta, la plastica oppure anche il vetro), alle materie compostabili come la bioplastica o le materie biodegradabili che possono decomporsi in natura. Cresce parecchio anche la sensibilità anche sull’utilizzo della carta che, se certificata, può essere strategica in un’ottica di riciclo e di economia circolare. Una sfida alla quale il mondo dell’imballaggio ha risposto “presente”, così come si risponde “Arrivo” quando sta finalmente per arrivare un pacco.

Ben imballato, ovviamente.

27 gennaio 2022