Ne sentiamo parlare ormai quotidianamente da inizio anno, da quel 24 febbraio che ha segnato la quotidianità di tutto il pianeta. Il conflitto russo-ucraino sta avendo pesanti ripercussioni non solo sulle popolazioni direttamente coinvolte (in termini economici, ma purtroppo anche in termini di perdita di vite umane e di crisi umanitaria), ma sull’intero pianeta e in particolare l’Europa. Al di là delle considerazioni geopolitiche che competono ad altri, è innegabile che le conseguenze abbiano avuto pesanti ripercussioni a livello commerciale e industriale, toccando trasversalmente la maggior parte dei comparti italiani. In un paese, come l’Italia, già piuttosto precario dal punto di vista della ripresa economica e dell’autosufficienza che ancora non si era ripreso dalla Grande Crisi del 2008 e da quella posta pandemica del 2020.

Come la guerra condiziona il mercato dell’imballaggio?

L’aumento dei costi dell’energia, quello del carburante, quello del mais e dei suoi derivati, oltre al blocco delle importazioni di carta di fibra vergine (da Ucraina, Russia e Bielorussi) hanno messo e stanno mettendo in difficoltà il settore degli imballaggi. Vedi tutto il mondo della carta e del cartone, fondamentali anche nei sistemi di riempimento con carta, oppure l’amido di mais utilizzato per le ecochips. Che ne risente sia dal punto di vista dei prezzi che inevitabilmente crescono, che dal punto dell’approvvigionamento che è diventato quanto mai difficoltoso, che dal punto di vista puramente operativi con i costi fissi dell’energia diventati ormai difficilmente sostenibili (vedi l’esempio delle cartiere che in alcuni casi hanno fermato la produzione per non far fronte a bollette energetiche insostenibili).

Di preciso qual è la situazione relativa all’approvvigionamento dell’energia?

I dati ufficiali forniti dal Consiglio dell’Unione Europea sono piuttosto eloquenti. Tra dicembre 2020 e dicembre 2021 il prezzo dell'importazione dell'energia in Europa è più che raddoppiato. Una tendenza che affonda radici già nel post emergenza sanitaria, che ha risentito poi di un’onda lunga accentuata dal conflitto bellico in atto. Il 100% in più rappresenta un aumento senza precedenti, visto che i prezzi dell'importazione solitamente subiscono uno scostamento massimo del 30% rispetto all’annualità precedente. Il grafico di Eurostat evidenzia in maniera molto esplicita l’impennata dei prezzi da dicembre 2020 ad oggi, con una curva in salita che sembra faticare ad assestarsi.

Quali sono le strategie per ridurre l’impatto negativo della guerra?

Una risposta univoca al problema non c’è. L’auspicio, per mille motivi, è che il conflitto cessi quanto prima, ma nel frattempo le aziende stanno provando a convivere con questa delicata situazione. La conoscenza approfondita del proprio mercato di riferimento rimane è sicuramente la miglior arma per far fronte all’emergenza: diversificare quanto possibile le forniture, saper individuare valide alternative ai prodotti con scarsa reperibilità o con tempi di consegna troppo lunghi, intervenire ove possibile con soluzioni per ridurre i costi di produzione.
L’Unione Europea ha già emesso delle direttive univoche per cercare di mettere un limite all’inflazione e al caro prezzi. Tra queste:

  • la riduzione del consumo di energia elettrica
  • la fissazione di un tetto massimo dei ricavi dei produttori di energia elettrica
  • la garanzia di un contributo di solidarietà da parte delle imprese del settore dei combustibili fossili

Futuro: il G20 come ulteriore speranza

Il 15 e il 16 novembre si svolgerà il vertice conclusivo del G20 (a guida indonesiana), durante il quale uno degli obiettivi sarà quello di provare a limitare (se non addirittura cessare) i danni in questo complicato contesto storico, politico ed economico.  

14 ottobre 2022